
Mantenuto in vigore per il 2015 il vecchio regime
Dopo settimane di indiscrezioni, la notizia è stata conferma: torna per tutto il 2015 la possibilità per chi apre una nuova Partita Iva di accedere al vecchio regime dei minimi con aliquota al 5% al posto di quello al 15% introdotto dalla legge di Stabilità. Si tratta di una possibilità che varrà solo per chi guadagna meno di 30mila euro. E’ stato, dunque, confermato il dietrofront del governo sull’entrata in vigore del nuovo regime dei minimi a partire da quest’anno. La novità prevede dunque che per tutto il 2015 i due regimi, quello vecchio, che prevede una tassazione al 5% per compensi fino a 30mila euro per tutti, con limite di adesione di 5 anni o fino al 35esimo anno di età, e quello nuovo, che prevede un’aliquota di tassazione al 15% per ricavi tra i 15mila e i 40mila euro senza alcun limite temporale o anagrafico, possano convivere.
Ciò significa che ognuno potrà scegliere quale regime utilizzare, in base alle proprie esigenze e alla propria convenienza. Si tratta certamente di una decisione importante da parte del governo che fa chiaramente capire la volontà di andare incontro ai lavoratori, sostenendo nuove attività, anche se si tratta di un regime agevolato, quello vecchio, prorogato solo di un anno, per cui a partire dal primo gennaio 2016 cadrà di nuovo e varrà solo quello al 15%. La coesistenza tra i due regimi rischia, però, di creare confusione.
Anzitutto si pone la questione di come rendere nota alla Agenzia delle Entrate la scelta, in quanto per entrambi i regimi occorre barrare la casella del regime di vantaggio (inteso come quello dei minimi al 5%) nella dichiarazione di inizio attività. Al riguardo si ritiene che debba prevalere il comportamento concludente del contribuente che sulle fatture emesse indicherà la diversa norma che permette l’esclusione dall’applicazione dell’Iva: l’articolo 1, comma 100, della legge 244/2007 per i minimi; l’articolo 1, comma 58 per i nuovi forfettari.
Inoltre la scelta apparirà in modo inequivocabile dalla compilazione di Unico 2016 in cui verranno compilati quadri diversi, dato che il primo regime (minimi) prevede la determinazione analitica del reddito, mentre il secondo (forfettario) prevede la determinazione forfettaria con una percentuale di componenti negativi predeterminata.
Poi non sono del tutto uguali i requisiti di accesso. Per esempio, nel regime forfettario il reddito da lavoro autonomo o impresa deve essere superiore a quello da lavoro dipendente o assimilato. Pertanto un contribuente pensionato che inizia una nuova attività difficilmente potrà beneficiare del regime forfettario, mentre in quello dei minimi non esiste la necessità di eseguire tale confronto. Inoltre a complicare i ragionamenti sulla convenienza vi è la regola comune secondo cui se i requisiti di accesso, previsti nel momento in cui si inizia l’attività, non sono confermati a fine 2015, è solo dal periodo d’imposta 2016 che il regime agevolato viene meno.
Quest’ultimo assunto va però esaminato alla luce di un’ulteriore regola che potrebbe indirizzare la scelta verso il nuovo regime forfettario: chi inizia un’attività e a consuntivo risulta aver incassato ricavi o compensi superiori alla soglia prefissata esce dal regime dal periodo d’imposta successivo, ma nel caso dei minimi occorre fare attenzione che il superamento della soglia non sia superiore del 50% rispetto al tetto previsto, poiché in tal caso già dall’anno in corso verrebbe azzerato il regime agevolato, con pesanti conseguenze sul fronte dell’Iva che occorrerebbe riaddebitare dall’origine.
La stessa conseguenza non si manifesta invece nel forfettario. Ad esempio, se un professionista nei minimi incassa 60mila euro dovrà ricostruire la sua posizione fiscale come se già dal 2015 fosse un soggetto ordinario, mentre se si è scelto il regime forfettario si esce dal forfait solo dal 2016 quindi mantenendo inalterata la posizione fiscale nell’anno del superamento (cioè il 2015).
Valutazione diverse anche sul fronte delle imposte dovute, poiché sono diverse le modalità di determinazione del reddito e dell’imposta sostitutiva. A prima vista potrebbe sembrare sempre conveniente il regime dei minimi che prevede una sostitutiva del 5% rispetto al 15% del regime forfettario, va però considerato, a favore di quest’ultimo regime, che vengono riconosciuti costi forfettari mentre il minimo deve documentare gli effettivi costi sostenuti. Inoltre le nuove attività nel regime forfettario hanno diritto all’abbattimento di un terzo del reddito per i primi tre anni oltre alla possibilità, riservata a commercianti e artigiani, di fruire del regime contributivo agevolato che prevede il pagamento dei contributi senza considerare il minimale fisso, che in molti casi costituisce un notevole aggravio. Queste ultime agevolazioni non sono previste i minimi.
Sul fronte Iva l’esclusione dall’addebito dell’imposta (e il divieto di detrazione) e il versamento dell’Iva acquisti per le operazioni interne soggette a reverse charge accomuna i due regimi. Qualche differenza si registra sulle operazioni con soggetti esteri, soprattutto per gli acquisti di beni intracomunitari. Per quanto riguarda i minimi la circolare 36/E/2010 ha affermato che si tratta sempre di operazioni Intra che necessitano il versamento di Iva mentre per il forfettario gli stessi acquisti, entro la soglia di 10mila euro annui, non sono considerate operazioni intracomunitarie.
Fonte: Il sole24ore